Comunicato stampa CAT su pensioni

ComuniCATo stampa 09/04/2015 (scarica QUI versione PDF)

Pensioni Ferrovieri: le “informative di Boeri” e la disinformazione mediatica

Mentre alcune categorie di ferrovieri, che operano sulle 24h per 365 gg l’anno su turni di lavoro aciclici e pesantemente usuranti come i macchinisti, protestano contro la riforma Fornero, che li ha equiparati ad un qualsiasi lavoratore che svolge la sua prestazione dalle 8 alle 16, e denunciano l’impossibilità di raggiungere la pensione in salute all’età di 67/68 anni o di 43/44 anni di contributi, l’informativa di Boeri (presidente dell'INPS), enfatizzata dai mass media, influenza ingiustificatamente l’opinione pubblica, mettendo in cattiva luce tali lavoratori e minacciandone le sacrosante aspettative.

 

La cosa incredibile è che anche l’attacco al fondo pensioni non è giustificato. Per comprenderlo, occorre esaminare alcuni elementi:

  1. La differenza “congenita” tra contributivo e retributivo.
    E’ notorio che il sistema contributivo rispetto al più favorevole sistema retributivo genera circa il 25% di differenza nel calcolo della pensione. La differenza non riguarda il fondo ferrovieri, ma tutti i lavoratori che al 31/12/1995 avevano 18 anni di anzianità contributiva, mantenendo il diritto al metodo retributivo. Alla luce di tale dato emerge che circa il 40% dei ferrovieri ha percepito importi equivalenti a quelli applicati a tutti gli altri lavoratori nel medesimo periodo.
  2. Gli avanzamenti di carriera negli ultimi anni di lavoro.
    Nelle tabelle INPS si rileva che circa il 30% dei ferrovieri è stato penalizzato, mentre un altro 30% circa è stato favorito percependo pensioni più generose. Ciò si spiega con il fatto che nel sistema retributivo la variazione stipendiale degli ultimi anni di lavoro genera differenze notevoli sul calcolo della pensione. Le importanti differenze tra quel 30% che ha percepito meno e quel 30% che ha percepito di più, riguardano, da un lato, i lavoratori che hanno mantenuto il profilo di assunzione e, dall’altro, quelli che hanno fatto importanti progressioni di carriera, specie negli ultimi anni di lavoro.
  3. Il disavanzo e la condizione particolare del Fondo pensione dei Ferrovieri.
    Occorre osservare che circa tre dei quattro miliardi di deficit riguardano il periodo precedente al 2001, quando il datore di lavoro era lo Stato, il quale pagava contributi previdenziali inadeguati. Tale deficit contributivo dello stato trova però rispondenza in tutto il pubblico impiego. E’ invece interessante notare come, nei successivi 12 anni (2002-2013), il fondo registra un disavanzo medio di 100 milioni l’anno. Si tratta di un disavanzo logico e giustificato poiché dall’anno 2000 i ferrovieri nuovi assunti non versano più al fondo pensioni FS, ma all’INPS. A fronte di tali contribuzioni l’INPS non corrisponde ad oggi nessuna pensione ai ferrovieri, i quali sono tutti a carico del Fondo pensioni il quale, evidentemente, soffre questa condizione che, al contrario, giova all’INPS che da questo gruppo di lavoratori incassa soltanto. Va inoltre considerato che la riduzione del numero complessivo dei ferrovieri riguarda il gruppo ferrovie dello Stato, mentre altre nuove imprese sono entrate nel trasporto ferroviario e versano anch’esse i contributi previdenziali alle casse generali INPS. Casse generali, ripetiamo, che non erogano pensioni ad alcun ferroviere. Lo stesso discorso dicasi per tutte le attività che, nel tempo, Ferrovie dello Stato ha esternalizzato, producendo nuovi posti di lavoro in imprese esterne che, ovviamente non versano nemmeno loro al fondo pensioni, ma alle casse generali.
  4. Gli esodi agevolati i 20 anni di ristrutturazione delle FS.
    L’indagine elaborata dall’INPS investe in pieno un ventennio di ristrutturazione delle ferrovie, al pari delle altre realtà produttive del paese, all’interno del quale sono stati avviati prepensionamenti con riconoscimenti di maggiore anzianità senza che nessuno versasse i relativi contributi al Fondo pensione dei Ferrovieri. E’ evidente che tale ristrutturazione ha avuto una incidenza negativa nei dati esaminati.
  5. 151 mila pensioni erogate 1400 di invalidità e 67 mila di reversibilità.
    Questi dati ci preoccupano. Quasi 70 mila pensioni erogate ai coniugi dei ferrovieri deceduti rafforzano in noi il concetto che molte delle attività dei lavoratori del comparto erano ed a maggior ragione sono altamente logoranti. Altro che aspettativa di vita allungata.

Pertanto, “rileggendo” i numeri alla luce di tali elementi, si scopre che il fondo pensione dei ferrovieri non genera e non ha generato nessun privilegio. In definitiva la situazione pensionistica dei ferrovieri è, al contrario di quanto afferma Boeri, del tutto paragonabile a quella del sistema generale, salvo taluni trattamenti di maggior favore verso alcune attività lavorative significativamente più disagiate: quelle a cui d’un sol colpo hanno aumentato di 9 anni l’accesso alla pensione e che stanno protestando contro questa ingiustizia.

Ma ce lo vedete un macchinista che guida un treno a 67/68 anni?

 

Approfondimento: qualcuno lo diceva in tempi non sospetti (dicembre. 2014) chi è Tito Boeri

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